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mercoledì 8 maggio 2013

RACCONTI RIBELLI IN EVOLUZIONE: 1° STRALCIO "LA LINEA"




















RR è "Racconti Ribelli" ossia "Racconti in evoluzione" è una forma di letteratura e conflitto. In questa rubrica si evolveranno diversi racconti, puntata dopo puntata, storia dopo storia....una valanga di parole e di creatività che vi proponiamo su questo blog, sperando di trovare interesse 


RaccontoRibelle1
La Linea (di Enrik)

Oggi alle tre la città è stata definitivamente ed ufficialmente divisa in due parti. L’aria è tersa, il cielo tende al grigio, un silenzio spettrale ammanta qualsiasi forma, ogni dettaglio. In questo momento mi trovo alla testa di una muraglia umana (si contano quasi 750.000 anime) ivi sopraggiunta, di spontanea volontà, con l'intento, unico e valoroso, di riprendersi la parte della città che, senza motivo, è stata sottratta alla popolazione.
Se si guarda dall'alto, questa sorprendente moltitudine multirazziale ha assunto, dopo vari stiracchiamenti, colpi di coda, allungamenti, una forma rettangolare, è un blocco denso, granitico che avanza silenziosamente.
Non vi nego che vedere questa massa di gente, così geometricamente ordinata, interporsi al sontuoso arrivo di 3.000.000 di celerini, soldati, e volontari dall’occhio felino, è uno spettacolo toccante. Il rapporto tra forze dell’ordine e manifestanti deve essere sempre quello, tre a uno. Dato di fatto indiscutibile, rispettato fedelmente anche in questo lembo di terra.
Altrettanto vero è che ogni esercito ha un suo generale. Qui trattasi di un uomo di mezza età, capelli brizzolati tirati all'indietro, indossa un'elegante e splendente divisa. Ha un'espressione dura, gli occhi svuotati di qualsiasi tensione iraconda. Tiene le braccia parallele al corpo, impugna un megafono. Dietro di lui i soldati se ne stanno immobili e silenziosi. Riesco a distinguere manganelli, pistole, fucili, mitragliette, mazze da baseball, catene, lanciarazzi, forche, coltelli. Alcuni volontari alzano le forche come per infilzare il cielo, e forse vorrebbero farlo. Non cola sangue però.
- Arretrate. Non potete sorpassare la linea, - urla al megafono il generale.
- Scusi, ma lei non si vergogna a dar ordini ad una moltitudine tanto varia di uomini! La guardi bene, rappresenta una gran fetta del genere umano, - rispondo gridando a squarciagola.
Un ragazzino che indossa una maglia di una squadra di calcio sconosciuta mi porge il megafono. Lo ringrazio. Mi sorride, ha fiducia in me. Bene.
- Il genere umano, come dice lei, è una questione ben più ampia. E evidentemente lei non capisce l’utilità della Linea.
- Beh, effettivamente no. E a quanto pare non sono solo.
- Arriveranno chiarimenti, ne potete stare certi, - il generale è calmo.
- Noi vogliamo passare, - urlano un paio di ragazze che brandiscono uno striscione con scritto “ NO LINEA”.
- Mi dispiace, non potete. Noi non abbiamo nessuna intenzione di oltrepassarla e venire da voi. Perché dovremo farlo? Vi chiedo di rispettare questa situazione come stiamo facendo noi.
- Aahah, - proprio non riesco a trattenere una risata, prendo coraggio, centinaia di migliaia di occhi sono puntati su di me. Continuo: - Quello che lei dice è una panzana, una fesseria! Perché se vi arrivasse l’ordine di portare la linea fino a dove siamo noi lo fareste anche adesso.
- Cosa vuol dire?
- Voglio dire che noi non siamo armati, voi come sempre, mi scusi il tono amichevole, ne avete una più del diavolo! L'ultima volta vi ho visto maneggiare con disinvoltura gas paralizzanti, spray urticanti. Se foste stati legittimati a prendervi “altro” l'avreste già fatto.
- Le garantisco che andare contro gente disarmata non è cosa nobile, abbiamo un'etica, i gas paralizzanti vengono usati in situazioni limite, ci deve essere un ordine, e non sono io a darlo.
- Certo. Il solito gioco dello scarica barile, e comunque con questo vuol dire che se le arrivasse l'ordine ci sparerebbe il gas?
- E’ il mio lavoro, io quantifico, pianifico, mi mobilito ed aspetto che mi venga dato il segnale!
La folla esplode in un boato fragoroso, una cascata infinita di parole investe la faccia del generale, qualcuno inizia a fare delle pernacchie soffiando nel braccio. Una nuvola di germi si espande nell'aria. Il sole fa una capriola fra le nuvole e il silenzio scivola via da qualche parte, sotto gli scarponi dei militari, in un angolo della linea, dietro al blocco di manifestanti.
Il Generale estrae la pistola spara tre colpi in alto, ha il viso tirato, succhia ripetutamente il labbro inferiore. Altri militari lo imitano, alcuni esagerano lasciando partire raffiche di Kalashnicov, battendo i piedi a ritmo.
Il rumore delle esplosioni impaurisce parecchi manifestanti che alzano le mani ed arretrano. Altri no, rimangono fermi immobili su questo piccolo pezzo di terra che era sempre riuscito a rimanersene anonimo.
La ragazza al mio fianco si getta per terra, impaurita. Mi accarezza un piede.
- Il fatto che io mi prodighi in un dialogo con voi non mi sembra ben ripagato, - il generale pistolero.
- Non accetta divergenze?
- Lo sberleffo non è divergenza. Vi avverto che continuare con questo tono non può giovarvi! Mantenete il contegno ed il rispetto! Ho sempre il potere di alleggerire la tensione. E poi siete sempre voi quelli che dicono che noi non dialoghiamo.
- Scusi, giusto per curiosità, chi sono i VOI? Chi i NOI? Di che categorie stiamo parlando? Perché è pratica assi poco innovativa affibbiare etichette per demonizzare il nemico. Mi dica adesso che nome ci avete dato? Terroristi, Rivoluzionari, Comunisti, No Linea, Antilinearisti, Liberallinearisti, mi dica?
- Anche il solito sarcasmo non può giovarvi. Vi consiglio di smetterla, altrimenti…
- Altrimenti cosa?
- Altrimenti avrei il potere di ordinare una carica di alleggerimento!
- E così alleggerirebbe cosa?
- Lo sberleffo ed il sarcasmo che in questo momento creano tensione e sono dannosi per il mantenimento della nostra posizione, - Afferma il plurimedagliato.
- Allora lo faccia. Abbiamo diritto ”allo sberleffo ed al sarcasmo” non fanno male a nessuno, anzi.
- Non vorrei che lei pensasse che questo sia un giochetto! Ve ne pentirete! - Urla il generale, tenendo ben saldo il megafono in mano.
Gli occhi dei soldati della prima fila brillano affamati di azione. Un'altra raffica rimbomba nell'aria.
- Non credo! Sarà lei il primo a pentirsene! - Rispondo io, secco.
Il blocco dietro di me applaude, si compatta, e rimane immobile. Mani al cielo poi un coro inonda i soldati: - S B E R L E F F O! S A R C A S M O! NO ALLA LINEA!
- Mi minaccia? Il manuale recita che a provocazione concreta occorre risposta immediata: uno, due, tre, prima linea, carica! - Grugnisce, mentre le sue palpebre sbattono freneticamente, in uno sfavillante spettacolo di ciglia.
La prima fila di militaripoliziotti avanza manganellando. Seguono due minuti di sangue. Mi becco il calcio di un fucile in bocca, mi spaccano quattro denti. A terra mi danno forte. Fibiate, tacchettate, ballano il Tip Tap sul mio corpo. Io urlo, ma lo fanno tutti e nessuno mi ascolta. Rimango a terra, il sangue si sparge sotto di me. Vedo una ragazza che viene trascinata per i capelli, un uomo sulla cinquantina che a prima vista mi ricorda Guccini ha un taglio in fronte, poi manganelli che colpiscono qualsiasi cosa si muova.
- STOP rientrare, - il Generale.
Non nego, che questa volta, la sua voce mi riempie di gioia, come quando mia mamma mi chiamava per dirmi che le lasagne erano servite a tavola. Lo so potrebbe sembrare un esempio infelice, ma la sensazione è la stessa.
Ognuno torna al suo posto, loro a guardarci in cagnesco, con occhi di fuoco e bava alla bocca, noi a rialzarci leccandoci le ferite.
- Mi complimento. Siete sempre i migliori nel vostro lavoro! La ditta numero uno per il rapporto qualità prezzo. Comunque le volevo dire che qui nessuno ha una gran voglia di prendersi delle botte. Siamo quasi UN MILIONE di persone disposte a reagire. La conseguenza sarebbe nefasta.
- Non mi minacci ancora. Comunque, per la cronaca, io non penso alle conseguenze. Non mi faccia fare una banale citazione. Inoltre siete voi che state scrivendo il vostro destino “nefasto”.
- Ora il sarcastico è lei!
Sanguino dalla bocca, faccio fatica a parlare. Il Generale se ne accorge, segue i miei movimenti. Mi passano un asciugamano, contengo il sangue che esce. Si sentono delle sirene. Arrivano delle ambulanze. Io mi chino, respiro a fatica. Qualcuno mi tocca la testa. Una mano gentile scorre sul volto. Un infermiere mi soccorre.
- Dopo una carica è giusto prendersi un break, vado a cenare, - si gira e scompare dietro ai soldatisbirri che abbassano gli scudi dietro alla linea.
- Prego! Io non so se ci riuscirò, mi mancano quattro denti, - mi metto la mano destra in bocca alla ricerca di altri buchi. Sono solo quattro.
Cala la notte, loro accendono dei fari, noi costruiamo un accampamento e per ora ci rilassiamo.




25 maggio : la storia continua
Continua da "la linea parte 1" di Enrik



All'alba il generale ritorna. Si muove con eleganza, deve aver riposato bene. Beato lui.
- Dormito? - Chiede a gran voce, poi aggiunge, con un tono soddisfatto, - Beh, quali sono le novità? Avete deciso di sparpagliarvi, di desistere dalla stupidità del vostro intento? – Pausa, riprende: - I suoi denti?
- Grazie dell’interessamento. I denti li ho sistemati. Basta far pressione e tenerli ben saldi alla radice per qualche ora poi, come per magia, si riattaccano.
- Ha sempre voglia di giocare. Beato lei.
- Dico sul serio, strano che non lo sappia, visto che ha a che fare quotidianamente con denti rotti, ferite, etc etc.
- Alle prime domande non ha risposto. Cosa avete intenzione di fare? Abbandonare la vostra posizione? Di qui non si passa, devo ricordarglielo.
- No, certo che no! La nostra intenzione rimane la stessa di ieri. E voi? Avete l'ordine di disperdere la folla definitivamente? Di sgomberare la strada? Di ripristinare l’ordine nei pressi della linea? -Rispondo ancora assonnato.
- No, - argomenta il generale abbassando per un istante lo sguardo. Strana cosa un militare che rinuncia per un attimo al suo portamento statuario.
Dovrei approfittarne. Ci provo, il venticello fresco mattutino m’incoraggia. Una carezza di libertà, inspiro. Dico: - Vede siamo entrambi nella stessa posizione, in attesa del nostro destino!
Devo colpirlo dove, son sicuro, possa dolergli.
- E il vostro destino quale sarebbe? - Rialzando la guardia il generalissimo.
- Forse morire finché non ci ucciderete tutti, forse resistere finché non vi stancherete, forse vivere finché non ve ne andrete, - rispondo io.
La folla apprezza. Iniziano i primi cori. La rivolta sembra risvegliarsi. Gli scudi si alzano, i cellerinimilitari ci guardano con disinteresse, senza emozioni. Siamo il loro pane quotidiano. Lo sappiamo.
- Ma perché volete morire?
- Scusi, ma le faccio la stessa domanda. Perché lei ci vuole uccidere?
- Io non voglio uccidere nessuno, il fatto che io sia un militare non significa che io sia qui per uccidere! Non dovrebbe generalizzare e far demagogia.
- Beh è un dato di fatto che con i fucili non si zappa la terra! Siete più armati di Robocop non è che io voglia fare il precisino, certo è che l’impressione che date è questa.
- Si ma è anche vero che se i fucili non sparano non muore nessuno.
- Allora metteteli a terra!
- A TERRA, A TERRA! – la folla, il mondo dietro di me, sa essere rumorosa, viva come non mai. Urlano tutti, anche quelli che ieri han preso un sacco di botte. E urlo anche io, i denti vibrano. Desisto, anzi, urlo con cautela.
- Mi sta dando un ordine, mi sta minacciando, forse lei ed i suoi amici non avete ben chiara la situazione! Questo non è un gioco se dovesse arrivare l'ordine di sparare io non esiterei a far fuoco.
- BUUUUUUUUU, - sempre la rivolta che ulula. Migliaia di persone che partecipano.
- Anche su questa ragazza? - afferro la ragazza che dall’inizio di questa sommossa è al mio fianco. Non le ho neppre chiesto il nome a pensarci bene. Trattasi di una tipa con la faccia d'angelo, tutta piccolina, con i capelli raccolti in una treccia lunga che le arriva sino al sedere.
- Anche a lei! Ma scusi signorina perché lei è qui? Lo sa che rischia la vita! Non ha dei genitori, dov'è suo padre! Dov'è suo padre! - Il generale ha gli occhi fuori dalle orbite, le vene del collo sono gonfie. Stringe i pugni.
La ragazzina arrossisce e scoppia in un fragoroso pianto.
  • Mostro, - urla qualcuno. – Mostro, - urla un altro.





  • MOSTRO MOSTRO, - Un fragoroso coro da stadio s'infrange contro il generale ed il suo esercito.
- Basta, - urla lui.
- MOSTRO MOSTRO, - continuiamo noi. Io sempre con cautela per paura che mi cadano i denti.
Lui fa un gesto.
Un botto secco interrompe questa disputa canora. Qualche metro lontano da me un ragazzo di colore schiatta al suolo. Si era avvicinato alla linea con le mani in alto. Il terreno si copre di rosso.
Panico.
Alcune fila di militaripoliziotti avanza manganellando. Seguono minuti di sangue. Mi becco due cazzottoni in faccia. Qualcuno mi afferra e qualcun altro mi libera. Si odono altri spari. Fumo. I militari non si fermano. Noi indietreggiamo. Per strada troviamo dei cassonetti, facciamo delle barricate. Sassi e bottiglie che volano. Loro sono troppi, sono meglio armati. Hanno appena sparato. Vedo gente che scappa. C’e terrore nell’aria.
Indugio e mi raggiungono tre militari vestiti da marines mi bastonano, sento il braccio che si rompe.
Urlo. Mi trascinano per i capelli. Non vedo più nulla, un dolore bestiale.
Cazzo sono fottuto, penso.
Certo nulla di geniale, ma è quello che mi passa per la testa.
Poi la folla reagisce, per un attimo intravedo una macchia nera che respinge le forze dell’ordine.
Molotov e bombe carte, si balla.
I militari mi lasciano e scappano.
- Stop, - urla il generale aggiungendo: - Allora siete soddisfatti?
- Avete appena ucciso una persona mi dica come possiamo essere soddisfatti?
- Noi non abbiamo ucciso nessuno, non abbiamo sparato noi.
Dietro di me si ricompatta la muraglia umana, un blocco di persone incappucciate si fa spazio fra la gente. Sono decine di migliaia. Compatti. Fanno paura. Io mi sento protetto. Ho male al braccio e mi piego dal dolore.
- Provi ad aggiustarsi anche il braccio se ci riesce, - dice il generale, ora, evidentemente su di giri.
Sto per rispondere quando uno degli incappucciati scaglia una molotov oltre la linea.
Non era mai successo.
Adesso siamo noi ad attaccare.

CONTINUA…

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