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sabato 25 maggio 2013

RR: racconti ribelli in evoluzione: La linea parte2

Continua da "la linea parte 1" di Enrik



All'alba il generale ritorna. Si muove con eleganza, deve aver riposato bene. Beato lui.
- Dormito? - Chiede a gran voce, poi aggiunge, con un tono soddisfatto, - Beh, quali sono le novità? Avete deciso di sparpagliarvi, di desistere dalla stupidità del vostro intento? – Pausa, riprende: - I suoi denti?
- Grazie dell’interessamento. I denti li ho sistemati. Basta far pressione e tenerli ben saldi alla radice per qualche ora poi, come per magia, si riattaccano.
- Ha sempre voglia di giocare. Beato lei.
- Dico sul serio, strano che non lo sappia, visto che ha a che fare quotidianamente con denti rotti, ferite, etc etc.
- Alle prime domande non ha risposto. Cosa avete intenzione di fare? Abbandonare la vostra posizione? Di qui non si passa, devo ricordarglielo.
- No, certo che no! La nostra intenzione rimane la stessa di ieri. E voi? Avete l'ordine di disperdere la folla definitivamente? Di sgomberare la strada? Di ripristinare l’ordine nei pressi della linea? - Rispondo ancora assonnato.
- No, - argomenta il generale abbassando per un istante lo sguardo. Strana cosa un militare che rinuncia per un attimo al suo portamento statuario.
Dovrei approfittarne. Ci provo, il venticello fresco mattutino m’incoraggia. Una carezza di libertà, inspiro. Dico: - Vede siamo entrambi nella stessa posizione, in attesa del nostro destino!
Devo colpirlo dove, son sicuro, possa dolergli.
- E il vostro destino quale sarebbe? - Rialzando la guardia il generalissimo.
- Forse morire finché non ci ucciderete tutti, forse resistere finché non vi stancherete, forse vivere finché non ve ne andrete, - rispondo io.
La folla apprezza. Iniziano i primi cori. La rivolta sembra risvegliarsi. Gli scudi si alzano, i cellerinimilitari ci guardano con disinteresse, senza emozioni. Siamo il loro pane quotidiano. Lo sappiamo.
- Ma perché volete morire?
- Scusi, ma le faccio la stessa domanda. Perché lei ci vuole uccidere?
- Io non voglio uccidere nessuno, il fatto che io sia un militare non significa che io sia qui per uccidere! Non dovrebbe generalizzare e far demagogia.
- Beh è un dato di fatto che con i fucili non si zappa la terra! Siete più armati di Robocop non è che io voglia fare il precisino, certo è che l’impressione che date è questa.
- Si ma è anche vero che se i fucili non sparano non muore nessuno.
- Allora metteteli a terra!
- A TERRA, A TERRA! – la folla, il mondo dietro di me, sa essere rumorosa, viva come non mai. Urlano tutti, anche quelli che ieri han preso un sacco di botte. E urlo anche io, i denti vibrano. Desisto, anzi, urlo con cautela.
- Mi sta dando un ordine, mi sta minacciando, forse lei ed i suoi amici non avete ben chiara la situazione! Questo non è un gioco se dovesse arrivare l'ordine di sparare io non esiterei a far fuoco.
- BUUUUUUUUU, - sempre la rivolta che ulula. Migliaia di persone che partecipano.
- Anche su questa ragazza? - afferro la ragazza che dall’inizio di questa sommossa è al mio fianco. Non le ho neppre chiesto il nome a pensarci bene. Trattasi di una tipa con la faccia d'angelo, tutta piccolina, con i capelli raccolti in una treccia lunga che le arriva sino al sedere.
- Anche a lei! Ma scusi signorina perché lei è qui? Lo sa che rischia la vita! Non ha dei genitori, dov'è suo padre! Dov'è suo padre! - Il generale ha gli occhi fuori dalle orbite, le vene del collo sono gonfie. Stringe i pugni.
La ragazzina arrossisce e scoppia in un fragoroso pianto.
  • Mostro, - urla qualcuno. – Mostro, - urla un altro.





  • MOSTRO MOSTRO, - Un fragoroso coro da stadio s'infrange contro il generale ed il suo esercito.
- Basta, - urla lui.
- MOSTRO MOSTRO, - continuiamo noi. Io sempre con cautela per paura che mi cadano i denti.
Lui fa un gesto.
Un botto secco interrompe questa disputa canora. Qualche metro lontano da me un ragazzo di colore schiatta al suolo. Si era avvicinato alla linea con le mani in alto. Il terreno si copre di rosso.
Panico.
Alcune fila di militaripoliziotti avanza manganellando. Seguono minuti di sangue. Mi becco due cazzottoni in faccia. Qualcuno mi afferra e qualcun altro mi libera. Si odono altri spari. Fumo. I militari non si fermano. Noi indietreggiamo. Per strada troviamo dei cassonetti, facciamo delle barricate. Sassi e bottiglie che volano. Loro sono troppi, sono meglio armati. Hanno appena sparato. Vedo gente che scappa. C’e terrore nell’aria.
Indugio e mi raggiungono tre militari vestiti da marines mi bastonano, sento il braccio che si rompe.
Urlo. Mi trascinano per i capelli. Non vedo più nulla, un dolore bestiale.
Cazzo sono fottuto, penso.
Certo nulla di geniale, ma è quello che mi passa per la testa.
Poi la folla reagisce, per un attimo intravedo una macchia nera che respinge le forze dell’ordine.
Molotov e bombe carte, si balla.
I militari mi lasciano e scappano.
- Stop, - urla il generale aggiungendo: - Allora siete soddisfatti?
- Avete appena ucciso una persona mi dica come possiamo essere soddisfatti?
- Noi non abbiamo ucciso nessuno, non abbiamo sparato noi.
Dietro di me si ricompatta la muraglia umana, un blocco di persone incappucciate si fa spazio fra la gente. Sono decine di migliaia. Compatti. Fanno paura. Io mi sento protetto. Ho male al braccio e mi piego dal dolore.
- Provi ad aggiustarsi anche il braccio se ci riesce, - dice il generale, ora, evidentemente su di giri.
Sto per rispondere quando uno degli incappucciati scaglia una molotov oltre la linea.
Non era mai successo.
Adesso siamo noi ad attaccare.

CONTINUA…


Continua da "la linea parte 1" di Enrik



All'alba il generale ritorna. Si muove con eleganza, deve aver riposato bene. Beato lui.
- Dormito? - Chiede a gran voce, poi aggiunge, con un tono soddisfatto, - Beh, quali sono le novità? Avete deciso di sparpagliarvi, di desistere dalla stupidità del vostro intento? – Pausa, riprende: - I suoi denti?
- Grazie dell’interessamento. I denti li ho sistemati. Basta far pressione e tenerli ben saldi alla radice per qualche ora poi, come per magia, si riattaccano.
- Ha sempre voglia di giocare. Beato lei.
- Dico sul serio, strano che non lo sappia, visto che ha a che fare quotidianamente con denti rotti, ferite, etc etc.
- Alle prime domande non ha risposto. Cosa avete intenzione di fare? Abbandonare la vostra posizione? Di qui non si passa, devo ricordarglielo.
- No, certo che no! La nostra intenzione rimane la stessa di ieri. E voi? Avete l'ordine di disperdere la folla definitivamente? Di sgomberare la strada? Di ripristinare l’ordine nei pressi della linea? -Rispondo ancora assonnato.
- No, - argomenta il generale abbassando per un istante lo sguardo. Strana cosa un militare che rinuncia per un attimo al suo portamento statuario.
Dovrei approfittarne. Ci provo, il venticello fresco mattutino m’incoraggia. Una carezza di libertà, inspiro. Dico: - Vede siamo entrambi nella stessa posizione, in attesa del nostro destino!
Devo colpirlo dove, son sicuro, possa dolergli.
- E il vostro destino quale sarebbe? - Rialzando la guardia il generalissimo.
- Forse morire finché non ci ucciderete tutti, forse resistere finché non vi stancherete, forse vivere finché non ve ne andrete, - rispondo io.
La folla apprezza. Iniziano i primi cori. La rivolta sembra risvegliarsi. Gli scudi si alzano, i cellerinimilitari ci guardano con disinteresse, senza emozioni. Siamo il loro pane quotidiano. Lo sappiamo.
- Ma perché volete morire?
- Scusi, ma le faccio la stessa domanda. Perché lei ci vuole uccidere?
- Io non voglio uccidere nessuno, il fatto che io sia un militare non significa che io sia qui per uccidere! Non dovrebbe generalizzare e far demagogia.
- Beh è un dato di fatto che con i fucili non si zappa la terra! Siete più armati di Robocop non è che io voglia fare il precisino, certo è che l’impressione che date è questa.
- Si ma è anche vero che se i fucili non sparano non muore nessuno.
- Allora metteteli a terra!
- A TERRA, A TERRA! – la folla, il mondo dietro di me, sa essere rumorosa, viva come non mai. Urlano tutti, anche quelli che ieri han preso un sacco di botte. E urlo anche io, i denti vibrano. Desisto, anzi, urlo con cautela.
- Mi sta dando un ordine, mi sta minacciando, forse lei ed i suoi amici non avete ben chiara la situazione! Questo non è un gioco se dovesse arrivare l'ordine di sparare io non esiterei a far fuoco.
- BUUUUUUUUU, - sempre la rivolta che ulula. Migliaia di persone che partecipano.
- Anche su questa ragazza? - afferro la ragazza che dall’inizio di questa sommossa è al mio fianco. Non le ho neppre chiesto il nome a pensarci bene. Trattasi di una tipa con la faccia d'angelo, tutta piccolina, con i capelli raccolti in una treccia lunga che le arriva sino al sedere.
- Anche a lei! Ma scusi signorina perché lei è qui? Lo sa che rischia la vita! Non ha dei genitori, dov'è suo padre! Dov'è suo padre! - Il generale ha gli occhi fuori dalle orbite, le vene del collo sono gonfie. Stringe i pugni.
La ragazzina arrossisce e scoppia in un fragoroso pianto.
  • Mostro, - urla qualcuno. – Mostro, - urla un altro.





  • MOSTRO MOSTRO, - Un fragoroso coro da stadio s'infrange contro il generale ed il suo esercito.
- Basta, - urla lui.
- MOSTRO MOSTRO, - continuiamo noi. Io sempre con cautela per paura che mi cadano i denti.
Lui fa un gesto.
Un botto secco interrompe questa disputa canora. Qualche metro lontano da me un ragazzo di colore schiatta al suolo. Si era avvicinato alla linea con le mani in alto. Il terreno si copre di rosso.
Panico.
Alcune fila di militaripoliziotti avanza manganellando. Seguono minuti di sangue. Mi becco due cazzottoni in faccia. Qualcuno mi afferra e qualcun altro mi libera. Si odono altri spari. Fumo. I militari non si fermano. Noi indietreggiamo. Per strada troviamo dei cassonetti, facciamo delle barricate. Sassi e bottiglie che volano. Loro sono troppi, sono meglio armati. Hanno appena sparato. Vedo gente che scappa. C’e terrore nell’aria.
Indugio e mi raggiungono tre militari vestiti da marines mi bastonano, sento il braccio che si rompe.
Urlo. Mi trascinano per i capelli. Non vedo più nulla, un dolore bestiale.
Cazzo sono fottuto, penso.
Certo nulla di geniale, ma è quello che mi passa per la testa.
Poi la folla reagisce, per un attimo intravedo una macchia nera che respinge le forze dell’ordine.
Molotov e bombe carte, si balla.
I militari mi lasciano e scappano.
- Stop, - urla il generale aggiungendo: - Allora siete soddisfatti?
- Avete appena ucciso una persona mi dica come possiamo essere soddisfatti?
- Noi non abbiamo ucciso nessuno, non abbiamo sparato noi.
Dietro di me si ricompatta la muraglia umana, un blocco di persone incappucciate si fa spazio fra la gente. Sono decine di migliaia. Compatti. Fanno paura. Io mi sento protetto. Ho male al braccio e mi piego dal dolore.
- Provi ad aggiustarsi anche il braccio se ci riesce, - dice il generale, ora, evidentemente su di giri.
Sto per rispondere quando uno degli incappucciati scaglia una molotov oltre la linea.
Non era mai successo.
Adesso siamo noi ad attaccare.

CONTINUA…

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